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sabato 17 agosto 2013

Elitismo e liberalismo dell'Ottocento

Un miniframmento del libro Critica e crisi del parlamentarismo (1870-1900) mi ha fatto venire in mente di nuovo quella malattia di cui ho già parlato, l'elitismo.
Le origini virali dell'elitismo sono vecchie e albergano nelle risacche di antichi poteri e meccanismi del Vecchio Mondo che purtroppo a volte finiscono per essere una zavorra più che una risorsa storica.
Nato in Francia nell'età della Restaurazione, dopo le esperienze della fase giacobina della Rivoluzione, il liberalismo aveva definito il suo statuto intellettuale di filosofia politica moderna attraverso la polemica con l'ideologia democratica e la demolizione del principio della sovranità popolare come principio incompatibile col parlamentarismo. Sotto questo profilo, il rifiuto del suffragio universale, la tesi che l'elettorato attivo non fosse un diritto ma un'ardua funzione politica da riservare ai soli “capaci”, la convinzione che il sistema parlamentare non potesse non poggiare che sulla base di un suffragio ristretto quale condizione dell'indipendenza e di scelte libere ed illuminate da parte degli elettori, furono assunti che discendevano dal codice genetico del liberalismo dell'Ottocento. Quanto alle funzioni politiche dirigenti, che esse costituissero un privilegio —della proprietà terriera in specie— e dell'alta cultura fu reputato un presupposto irrinunciabile, al di fuori del quale riusciva persino impensabile il buon funzionamento della macchina politica. La tesi del Burke secondo cui “una vera aristocrazia naturale” costituiva “una essenziale parte integrante di ogni grande organismo rettamente costituito”, non espresse soltanto i sentimenti aristocratici del pensatore e uomo politico irlandese ma fu, si può dire, un punto di riferimento costante e diffuso di una parte cospiqua [sic] del liberalismo europeo che conservò a lungo i segni delle sue radici aristocratiche.
(Enfasi aggiunte da me. A parte ciò, il testo è copiato verbatim).

giovedì 25 luglio 2013

Gli ingredienti parlamentari

Nel precedente post ho stimato che gli élite interessati ad entrare in politica siano 2100, le persone comuni (la gente) interessate ad entrare in politica sarebbero invece nell'ordine di 44000. I dettagli (opinabilissimi, per carità) su come sono arrivato a questi numeri e su chi sia élite e chi no sono dati nel post precedente.

lunedì 13 maggio 2013

I programmi elettorali

Uno dei cliché degli indipendenti pensatori antigrillini è che il programma del M5S è utopico, privo di dettagli, vago. Ogni volta che leggo critiche simili mi viene in mente la Costituzione. Benigni ne ha fatto una bella lettura (che si può trovare su YouTube, p.es. art. 9, art. 11).