sabato 1 febbraio 2014

Allevamento a terra

Se mangiate le uova potete farvi qualche scrupolo, al momento dell'acquisto, controllando come (e dove) vengono tenute le galline che le hanno generate. L'Unione Europea prevede una classificazione e stampigliatura sul guscio che serve a identificare il tipo di allevamento, il paese e il comune di allevamento e l'allevamento specifico.

Ulteriori dettagli li trovate in rete, per esempio anche su Wikipedia. In particolare molte persone possono essere interessate al tipo di allevamento, se biologico, all'aperto, a terra o in gabbia.

Tutto ciò è molto bello in teoria e dà al consumatore il potere della scelta consapevole, secondo la propria etica alimentare. Tuttavia è qualcosa che riguarda strettamente il consumatore: allo stato attuale non intacca la realtà economica della produzione di uova. Si tratta, secondo me, più che altro di panacee: l'unica vera soluzione sarebbe la contrazione del consumo e l'eliminazione degli sprechi alimentari, ma purtroppo questo è buon senso che non trova posto in economie interconnesse che traducono “progresso” con “iperproduzione” e “consumo non sostenibile” e la cui parola d'ordine è crescita —qualunque cosa voglia dire in realtà.

La nostra società opulenta manifesta il proprio stato di superiorità economica e tecnologica concedendosi il lusso di sprecare risorse, senza che ci sia una giustificazione valida.

Per le aziende, il fatto che il consumatore possa, tramite scelte di consumo, orientare la tecnica di produzione (nonché la quantità e la qualità) da una parte è semplicemente qualcosa da tenere d'occhio, per potersi adattare a nuove “esigenze” del mercato (che possono essere a loro volta influenzate), dall'altra è qualcosa da tenere sotto controllo per minimizzare i danni che potrebbe causare all'industria: in pratica il sistema si ristrutturata in modo che il consumatore non abbia realmente il potere di cambiare gli equilibri dei giocatori, mentre è necessario che conservi l'illusione di avere questo potere.

Dare al consumatore quest'illusione rappresenta in certi casi una straordinaria opportunità —penso che sia il caso dei così detti prodotti biologici, ma anche del commercio equo e solidale. Un po' come l'istituzionalizzazione e regolamentazione dello sciopero ha tolto, di fatto, allo sciopero il potere di dare qualche grattacapo al padrone, così queste opportunità, che appaiono talvolta come mode, sebbene supportate da un sincero interesse del consumatore per le sorti del pianeta e dei lavoratori più poveri (e anche della sua propria salute), rischiano di essere o diventare delle valvole di sfogo attraverso cui le stesse società accusate di pratiche deplorevoli conquistano la loro fetta di potere sul mercato del futuro.



Qualche dubbio...

Non ho approfondito troppo; forse alcune informazioni non sono corrette o sono state da me mal interpretate, o supposte.

  • Biologico (codice 0): le galline rustiche razzolano a terra, all'aperto, per almeno 1/3 della loro vita, con almeno 4 m² a gallina; i nidi/ricovero sono al coperto, con una densità non superiore a 6 galline/m²; le galline sono alimentate con mangimi biologici di origine controllata.
    • Pare che questa libertà costi loro la più elevata probabilità di infestazioni parassitarie, cui segue l'utilizzo di farmaci per curarle.
    • Un pollo può vivere da 5 a 11 anni circa, ma le galline ovaiole già a 12 mesi diminuiscono la capacità produttiva e «vengono quindi utilizzate per ricavare alimenti per l'infanzia, alimenti per animali e altri prodotti alimentari». Supponendo che un allevatore biologico le tenga comunque per almeno 3 anni, vuol dire che se ne passano 2 al chiuso e 1 all'aperto, la loro produzione continua ad essere biologica, ed eticamente più accettabile per molte persone.
    • Quanto è grande una gallina? Supponiamo che la superficie della faccia inferiore di un cubo che la racchiude sia 40×40 cm², 6 galline in 1m² vanno ad occupare il 96% della superficie, ovvero rimane loro solo il 4% di spazio. Prendete 1m², metteteci dentro 3 persone (ho supposto un'occupazione di circa 60×45cm², invece di π×30×22.5 cm²). In quella situazione queste galline possono vivere 2/3 della loro vita. Certo, sono galline, hanno esigenze diverse rispetto a un essere umano.
  • All'aperto (codice 1): hanno un riparo dove covano, come per gli allevamenti a terra, ma hanno spazi aperti dove poter razzolare.
  • A terra (codice 2): allevate in grandi capannoni a luce artificiale, densità non superiore a 7 galline/m². La “terra” è in realtà una griglia, che permette agli escrementi di cadere nella fossa sottostante, o al livello sottostante, perché in realtà tali capannoni possono essere a più piani.
    • Con lo stesso conto fatto prima, abbiamo che 7 galline occupano più di 1m²! Quindi le galline devono essere più piccole, o il loro spazio personale ridotto rispetto ai 40×40 cm², che forse per una galline è piuttosto generoso?
  • In gabbia (codice 3): è il classico della gallina in batteria; sono trattenute al chiuso, in luce artificiale, in gabbie di ferro le cui dimensioni sono, almeno in Europa, regolamentate (altezza 40cm, superficie 750cm²); in ogni gabbia dovrebbero vivono 5 animali.
    • Se in ogni gabbia da 750cm² ci sono 5 animali, quello che prima ho supposto, secondo me ragionevolmente, essere lo spazio vitale personale di una gallina, ovvero 40×40 cm², si riduce a poco più di 12×12 cm².

Precisazione

Questo post non è un post pro vegetarianesimo, anche se alcuni pensieri possono incrementare la convinzione di persone che abbracciano un certo stile di vita. Si tratta di posizioni con alla base alcune motivazioni condivisibili, sotto certi punti di vista, anche se per me non portano, come estrema conseguenza, l'eliminazione di certi alimenti dal mio regime alimentare.

Questo è un post più che altro di natura etico-economica.

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