giovedì 22 agosto 2013

Salviamo l'Iran (2006)

Un altro articolo-email che scrissi il primo febbraio del 2006; periodo in cui i tamburi dell'informazione mainstream dei buoni battevano pesantemente sui programmi nucleari iraniani, con la solita retorica e i soliti "sabotaggi" per dimostrare che i cattivi, come al solito, sono appunto cattivi e malintenzionati.

Come se non bastasse un capo di governo un po' fuori fase (almeno così ci fanno vedere) ora ai buoni cittadini iraniani, i civili che rientrano nella categoria "comuni mortali", tocca pure subire un ennesimo stop al progresso e alle possibilità di mettersi in linea con il così detto civile e moderno, industrializzato occidente.

Qualunque paese tenti oggi di far capolino nella modernità da una situazione più difficile, fondamentalmente più povera e "arretrata" (qualunque cosa voglia dire), è naturale che guardi al nucleare con speranza. In fondo, si tratta di energia a costi accettabili e in quantità notevoli (almeno per ora...). È una soluzione che permette in tempi relativamente brevi di avviare e supportare una moderna industria e una moderna società consumistica (nel senso che si rendono possibili consumi maggiori di energia, indispensabile per tecnoindustrializzare un paese).

L'hanno fatto per esempio Pakistan e India. (Entrambi hanno costruito anche armi nucleari, e nel 2001 si diceva che fosse la zona del pianeta in cui era più probabile un conflitto nucleare). Sono giusto due esempi. Paesi moderni quali Stati Uniti e Francia o paesi in forte sviluppo come la Cina da tempo hanno optato per il nucleare. Non solo civile, ma anche militare. Nell'immediato dunque offre sicuramente dei vantaggi (a lungo... si vedrà) per il civile e una atavica sensazione di potenza nel caso si facciano armi... "necessarie".

Il problema non è se la scelta sia sensata o meno, visto che anche altri paesi, "civili" e "moderni", l'hanno fatta. L'attenzione va focalizzata sui vantaggi e per paesi in via di sviluppo, che vogliono ammodernarsi e mettersi allo stesso livello delle democrazie occidentali, è una opportunità che noi abbiamo già cavalcato. Non solo per ammodernare il paese, ma per mettersi sullo stesso piano come potenze nucleari, per permettere un maggiore equilibrio e indipendenza.

Evidentemente preferiamo invece lasciare alcuni paesi a livelli tecnologici inferiori, preferiamo non pensarli moderni, forti, potenzialmente pericolosi al pari nostro, perché altrimenti la diplomazia potrebbe essere più egualitaria; si tratta di paesi che è meglio poter facilmente controllare, implicitamente minacciare e tenere a bada perché sono in una zona del mondo troppo strategicamente importante.

La scusa per impedire all'Iran di avviare un programma di costruzione di centrali nucleari è che invece dell'uso civile, dell'energia nucleare se ne voglia fare soprattutto un uso militare. Cioè costruire armi nucleari. Ma anche se fosse? Ce l'hanno molti paesi nel mondo. La scusa da sola non reggerebbe.

E allora ci accorgiamo, a posteriori, che prima di pubblicizzare troppo i programmi nucleari iraniani (ma la demonizzazione dell'Iran non è nuovissima), si è messo in evidenza che a capo del governo c'è un mezzo svitato che nega la Shoah e che non nasconde un certo disprezzo per lo stato d'Israele (che non è un fatto nuovo, né tanto insensato se non fosse condito di antisemitismo).

Dunque è evidente che se avviasse programmi nucleari civili e se li "militarizzasse", sarebbe un pericolo per Israele, e dunque per il mondo. Userebbe senza dubbio le armi nucleari gettando scompiglio. L'Apocalisse.

Israele non è indifesa (di certo ha programmi nucleari; si sospetta che abbia armi nucleari) e può contare sull'appoggio (nel bene e nel male) degli Usa in testa —e hanno dimostrato di essere uno stato terrorista al pari degli Stati Uniti ed eventualmente dell'Iran.

Questo non tranquillizza di certo se pensiamo al kapo iraniano come a un folle che non appena in possesso di armi le scatenerebbe senza riguardo per annullare lo stato d'Israele, come ci fanno intendere.

Intanto chi predica bene (e nemmeno tanto) razzola male: “l'Amministrazione Bush sta finanziando la ricerca su armi nucleari a basso potenziale in grado di penetrare nel sottosuolo: queste bombe atomiche "acchiappa-bunker" penetrano in profondità prima di detonare in prossimità dell'obiettivo. L'effetto distruttivo risultante non è molto amplificato rispetto a una esplosione in superficie e il fallout radioattivo ridotto.” Ma “Qualunque sia la profondità dell'esplosione, il fallout radioattivo è inevitabile”, per quanto ridotto. Per non parlare di rischi di contaminare falde o cose simili. [Levi, Michael "Atomiche antibunker", Le Scienze 433, settembre 2004, p. 88 e seg.]

C'è poca da pensare che viviamo in un mondo pacifico dove le guerre al massimo si fanno per salvare o democraticizzare dei paesi, poverini, che non hanno la nostra fortuna. Che siamo i paladini di una Giustizia dimenticata da molti altri. Gli unici custodi della Verità, della Democrazia, della Libertà, della Pace. Tutte balle.

Cambia la società e le strutture della società, ma fondamentalmente l'uomo ha gli stessi istinti che aveva 1000, 2000 anni fa: conquistare e sottomettere per accaparrarsi risorse. Di per sé la cosa non è scandalosa... se stessimo nel Medioevo. Ma sono convinto che oggi esisterebbero alternative, ma non conviene cercarle o applicarle. E l'ipocrisia della "buona" globalizzazione è una comoda facciata per sporchi giochi di potere.

Si aprirebbe un altro discorso, un'altra analisi, che non voglio affrontare qui ma mi riprometto di scriverci su prima o poi.

Il punto è che non c'è niente di Male, né perverso, in senso universale, se una qualunque nazione decide di usare il nucleare. Sia per scopi civili che militari. Ovvio che chi detiene il potere (per varie vicissitudini storiche), chi le armi nucleari ce l'ha e sono lì a ricordare agli altri chi è il più forte e quindi detta le regole, non può permettere che alcuni paesi, in particolare certi paesi (strategicamente importanti; non "meno tranquilli"), si pongano, sul piano militare, allo stesso livello.

Se si vuole convenire sul fatto che sia, per "noi", giusto che altri paesi non possano mettersi allo stesso livello militare di altri in modo da essere minacciabili e controllabili, e che dunque non possano nemmeno tentare la strada del nucleare civile (ma anche, come detto, di militarizzarsi), bisogna anche convenire che per "noi" è giusto che esistano paesi classificabili come Terzo e Quarto Mondo e dove la Libertà è in funzione di necessità tutte nostre (ma spacciate come interessanti l'intero genere umano).

È ovvio che se pensiamo invece che non sia giusto che esistano paesi poveri e "arretrati", non possiamo loro impedire di diventare come noi e quindi, come noi, di avere tanta energia, anche con l'uso del nucleare, avere un forte esercito, anche con armi nucleari, avere auto e smog, telefonini e televisioni, computer e libri ecc. ecc. E, perché no, anche di commettere gli stessi errori commessi da noi (una guerra fredda Israele-Iran? una situazione simile a Pakistan-India?) e altri errori nei quali in fondo noi perseveriamo, ma che sono anche gli stessi errori che hanno disegnato lo stato attuale del pianeta e questa nostra supposta arrogante superiorità "morale"...

Personalmente sono per il tutti o nessuno. Poiché i primi che vietano ad altri certe pericolose tecnologie sono anche quelli che se le tengono strette (sostenendole "necessarie"), la soluzione “nessuno” non è attuabile non tanto per la poca buona volontà dei rogue states quanto per l'arroganza dei God blessed states, che sfruttano convincimenti morali (dipingendo la realtà come fa loro comodo per sostenere la validità dei loro diritti e della loro superiorità) per (com)muovere le masse e avere il loro appoggio e supporto. In uno stato democratico i governanti non mentono mai e se lo facessero il popolo sovrano se ne accorgerebbe e li manderebbe a casa; gli integerrimi governanti hanno tutta l'autoritas per propinare solo e soltanto la veritas e quindi essere creduti, senza alcuna forma di criticismo.


Una nota. Se l'Iraq avesse avuto veramente armi di distruzione di massa, pensate che gli Usa e i suoi alleati avrebbero corso il rischio di attaccarlo scatenando potenzialmente una guerra biologica o nucleare?

Non è una logica intelligente quella che vede un costante continuo "progresso" delle armi e una certa equità della potenza militare tra nazioni diverse per evitare conflitti aperti. Sulla stupidità di questo comportamento scrisse anche Asimov. Ad ogni modo evidentemente l'uomo non è né superiore (rispetto a che?) né intelligente, ne segue che l'altra soluzione (quella del "disarmo totale") non è realizzabile, mentre la soluzione "solo alcuni" (non esiste mai nessuna motivazione universalmente "giusta" che giustifichi chi possa e chi no) crea disparità che saranno sempre più evidenti e alla lunga pericolose quanto quello che, a parole e per le masse, si dice di voler evitare —e secondo me già si intravedono le conseguenze di questa politica.


Rigiro la frittata.

Chi siamo e cosa siamo noi oggi e perché? Siamo collegati al nostro passato e ciò che oggi pensiamo come conquiste "universali" non sono che un punto nell'evoluzione storica delle società a cui apparteniamo. Tale evoluzione è passata attraverso guerre, stragi, vili rapporti economici e ricatti, forse anche impegno e onestà relativa di tanto in tanto... Omicidi, intrallazzi di ogni genere, commercio di armi, ingerenze politiche ed ecomiche in altri paesi, colonialismo. Da una relativa ricchezza e tranquillità locale deriva il progresso culturale, intellettuale, le battaglie civili per i diritti e quindi infine lo stato attuale delle cose (attraverso due guerre e il crollo della società borghese di fine Ottocento)

Non si schioccano le dita per trasformare un paese come nelle favole.

Quindi ciò che siamo oggi come società e come nazioni è la conseguenza anche di cose molto spiacevoli, ma a farle siamo stati noi, già questa è una attenuante, e poi oggi possiamo affermare che non siamo più così (per quanto ci sarebbe molto da discutere su questa affermazione). Ma questo "non essere più così" sarebbe stato possibile oggi se ieri qualcuno ci avesse impedito di fare guerre, uccidere, conquistare, ricattare e minacciare, depredare? Se qualcuno al di fuori ci avesse detto cosa potevamo fare e cosa no? (Immaginate un extraterrestre che nel 1876 abbia impedito a Otto di costruire il motore a combustione interna, sostenendo la sua pericolosità per l'ambiente o meglio nel 1875 avesse bandito l'invenzione di Nobel —la gelatina esplosiva— perché usabile per uccidere, o avesse fermato i fratelli Wright sostenendo che le macchine volanti possono essere usate come pericolose armi...). Sarebbe stato possibile essere come ora se qualcuno ci avesse impedito di avere ciò che ancora oggi è alla base della nostra società? Ovviamente no. Saremmo rimasti fermi, o più o meno fermi. Non si può dire con certezza cosa oggi saremmo effettivamente, ma si possono fare delle logiche deduzioni.

Dall'alto della nostra presunta superiorità, potremmo affermare che un percorso diverso che porta alla stessa cosa sia possibile? A mio avviso, se ciò è possibile per le conquiste della società, non è invece possibile per le conquiste economiche, e poiché la ricchezza di una nazione influenza anche la società (anzi, fa parte della società) e quindi la mia distinzione era artificiosa e fittizia, ne segue che senza stabilità economica e politica la società non può evolversi nello stesso senso in cui si è evoluta la nostra.

In più va considerato che "tutti ricchi allo stesso modo" non è possibile e la ricerca della ricchezza economica da parte di nazioni come da parte di gruppi all'interno di una stessa società è una minaccia al potere (economico e politico) di altre nazioni o altri gruppi —e le cose sono ancora più intricate quando gli "emergenti" hanno nel loro territorio (inteso geopoliticamente come più esteso rispetto ai confini nazionali) importanti risorse strategiche il cui controllo è preteso da altre nazioni.

Il nostro impegno, con il nostro scettro di fratelli maggiori buoni e saggi, dovrebbe essere proprio quello di dare stabilità economica e politica, e invece da anni le conseguenze delle nostre politiche all'estero (in certe zone) sono esattamente opposte. Ma è anche questo a determinare il nostro status quo; abbiamo un movente.

Ne segue che se altri stati volessero raggiungere il nostro stato avrebbero come opzione possibile (probabilmente la più facile) quella di percorrere una strada simile alla nostra. Ovviamente i ruoli sarebbero invertiti.

Per inserirsi oggi nel mondo dei potenti non è tanto necessario effettivamente diventare potenze coloniali, o fare esattamente ciò che facemmo noi, anche perché la situazione storica è ben diversa. Però vuol dire necessariamente contrastare i nostri interessi, in un modo o nell'altro. La "battaglia" si può condurre sul piano politico ed economico se e solo se si ha alle spalle un apparato militare paragonabile come pericolosità a quello degli antagonisti politici ed economici.

"Gli affari sono una guerra", dicono i giapponesi. Finché non ci sono interessi particolari, si possono lasciar correre un sacco di cose e lasciare alla così detta diplomazia il compito di placare "gli animi"; ma anche dietro la diplomazia implicitamente si nascondono volgari giochi di potere "fisico". Non emergono, se non parzialmente, se non quando chi vorrebbe alzare la cresta è in una zona del pianeta troppo strategicamente importante per lasciare ai locali il diritto di determinare realmente la propria politica civile e militare, nel bene e nel male. Altrove invece viene tollerato e minimizzate o ignorate le conseguenze.

Tutti infine è condito da tanto umanità, giustizia, desiderio di rendere la Terra un posto migliore e paura per quello che potrebbe succedere se...


Ci sono altre questioni da considerare dietro la demonizzazione dell'Iran. Vi lascio ad altre letture interessanti:

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