mercoledì 4 gennaio 2017

L'Italia sollecita l'Europa ad iniziare a censurare la libertà d'espressione su Internet

Altra traduzione; questa volta la vittima è l'articolo di Zero Hedge dal titolo Italy Urges Europe To Begin Censoring Free Speech On The Internet. Vale come al solito quanto segue: la traduzione è mia e io non so tradurre — suggerisco quindi, come al solito, la lettura dell'originale.

Cfr. anche il post precedente, un'altra traduzione: Internet a rischio: nuovi sforzi per censurare la libertà di espressione.

L'Italia sollecita l'Europa ad iniziare a censurare la libertà d'espressione su Internet.

Prima gli USA e poi la Germania hanno dato alle “fake news” la colpa di ciò che c'è di sbagliato nella società, invece che alla sequela di decisioni terribili fatte dai politici. Ora è il turno dell'Italia di chiedere la fine delle “fake news”, cosa che di per sé non sarebbe problematica, se non fosse che il modo in cui Giovanni Pitruzzella, capo dell'autorità garante della concorrenza, chiede all'UE di “reprimere” ciò che viene bollato come “fake news” non è affatto lontano da una repressione di tutta la libertà di parola1, e darà ai governi locali la libertà di silenziare qualunque outlet che non si uniformi alla propaganda istituzionale.

In un'intervista con il Financial Time Pitruzzella ha detto che la regolazione delle informazioni false in rete è fatta meglio dallo stato piuttosto che dalle compagnie social media come Facebook; un approccio considerato precedentemente dalla Germania che ha chiesto a Facebook di porre fine all'hate speech2 e ha minacciato di multare il social network con 500 mila€ per ogni post “fake”.

Pitruzzella […] ha detto che «i paesi europei dovrebbero istituire delle autorità indipendenti — coordinate da Brussels e modellate sul sistema delle agenzie antitrust — che potrebbero rapidamente etichettare le “fake news”, rimuoverle dalla circolazione e imporre multe se necessario.»

In altre parole alcuni burocrati non eletti, che non devono rendere conto a nessuno, si siederebbero per decidere tra loro cosa è e cosa non è “fake news”, e poi — rullo di tamburi! — lo rimuoverebbero dalla circolazione. D'altra parte ciò accade una settimana dopo che Obama ha dato l'ok ad impegnarsi in qualunque forma di censura e bloccare la libertà di parola come desiderato, nel momento in cui il presidente uscente USA ha fatto diventare legge il “Countering Disinformation And Propaganda Act”; perciò non dovrebbe sorprendere che improvvisamente un'Europa ringalluzzita ricorra a simili misure agghiaccianti.

Questo per quanto riguarda l'Europa sul punto di mettere in piedi una censura a briglie sciolte; ed ecco l'argomento fantaccio per giustificarla.

«La post-verità3 in politica è uno dei motori del populismo ed è una delle minacce alle nostre democrazie», ha detto Pitruzzella al FT. «Siamo ad un bivio: dobbiamo scegliere se lasciare Internet così com'è, un selvaggio west, o se ha bisogno di regole che tengano in considerazione il modo in cui la comunicazione è cambiata. Penso che dobbiamo scrivere quelle regole e questo è il ruolo del settore pubblico.»

Traduzione: presto sarà compito di Brussels decidere quali contenuti su Internet sono appropriati per il consumo di massa europeo, perché, a meno che i burocrati non intervengano, le “fake news” porteranno ad ancor più populismo e non, per dire, ad anni di riforme politiche fallimentari e decisioni della banca centrale.

In breve, è tutta colpa di Internet se il sistema politico europeo sta barcollando per via di un contraccolpo anti-establishment senza precedenti, che non ha niente a che fare con, bè, niente altro.

Come nota il FT, la richiesta di Pitruzzella arriva nel mezzo delle preoccupazioni crescenti riguardo l'impatto delle “fake news” sulla politica nelle democrazie occidentali, includendo il voto di quest'anno sulla Brexit e le elezioni USA. In Germania, in cui si terranno elezioni parlamentari nel 2017, il governo prevede una legge che imporrebbe multe fino a 500 mila€ alle compagnie social media che diffondono “fake news”.

Gli alleati di Matteo Renzi, il precedente primo ministro, si sono lamentati del fatto che le “fake news” abbiano contribuito alla sua sconfitta nel referendum di dicembre sulla riforma costituzionale, che ha portato alle sue dimissioni, anche se ha perso con un margine abbondante di 20 punti percentuali. Almeno non hanno condannato gli hacker russi… per ora.

Dunque, anche assumendo che la limitazione della libertà d'espressione sia la risposta, perché non obbligare i potenziali colpevoli ad autoregolarsi?4

Bene, secondo Pitruzzella sarebbe inappropriato lasciare questo compito all'autoregolazione dei social media. «Piattaforme come Facebook hanno dato grandi benefici a persone e clienti: stanno facendo la loro parte come entità economiche con l'impegno a modificare i loro algoritmi per ridurre questo fenomeno», ha detto. «Ma non è il lavoro di un'entitaà privata controllare l'informazione. Storicamente è un lavoro dei poteri pubblici. Devono garantire che l'informazione sia corretta. Non possiamo delegare del tutto questo compito.»

Conosciamo almeno un italiano che sarebbe d'accordo.

E proprio come la persona mostrata sopra, Pitruzzella liquida le preoccupazioni sul fatto che istituire delle agenzie statali per monitorare le “fake news” introdurrebbe una forma di censura, dicendo che le persone potrebbero «continuare a usare una Internet aperta e libera»… finché tutti i membri di questa Internet aperta sono d'accordo su ciò che le agenzie decidono essere vero e indiscusso. Ma dice che ci sarebbe un beneficio perché ci sarebbe una terza parte pubblica — indipendente dal governo — che «interverrebbe rapidamente se gli interessi pubblici fossero danneggiati».

Al momento l'unico modo per affrontare le “fake news” — almeno in Italia — è attraverso il sistema giudiziario, che è notoriamente goffo. «La velocità è un elemento critico» dice Pitruzzella, quindi qual è la soluzione? Un Ministero della Verità, naturalmente.

Il movimento anti-establishment Cinque Stelle è spesso etichettato come il principale facilitatore di “fake news” in Italia, attraverso il blog del suo fondatore, il comico Beppe grillo, e un network di siti web affiliati al partito. Ma Pitruzzella si è rifiutato di citarli come i principali colpevoli. «Non so se è vero, non voglio criticare nessuno, nemmeno il M5S. Ma credo che se non ci sono regole, molti possono avvantaggiarsene.»

Naturalmente, una volta che la libertà di espressione sia censurata, Pitruzzella non avrà problemi non solo a criticare chiunque sia in disaccordo con lui, ma nemmeno a ridurre al minimo prontamente la loro libertà di parola in rete.


  1. Free speech, che non è freedom of speech, ma non mi viene una traduzione migliore che lasci speech come oggetto della repressione: parola libera suono male, anche se altrove la userò… [N.d.T.]

  2. Anche in questo caso non trovo una traduzione adeguata in italiano; cfr. Hate speech [N.d.T.]

  3. Post-truth, cfr. Post-truth politics. [N.d.T.]

  4. So even assuming limiting free speech is the answer, why not force potential offenders to companies to police themselves?

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