martedì 3 gennaio 2017

Internet a rischio: nuovi sforzi per censurare la libertà di espressione

Segue la traduzione di un articolo, The Internet At Risk: New Efforts To Censor Free Speech. Come al solito la traduzione è mia, quindi scarsa e all'occorrenza libera, ma sperabilmente non fuorviante, almeno nei messaggi chiave. Le enfasi sono mie.

Internet a rischio: nuovi sforzi per censurare la libertà di espressione.

Oggigiorno Internet è centrale nelle vite di molta della popolazione mondiale e molto del successo del mondo sviluppato si deve al libero flusso di informazioni. Se l'idea di una rete decentralizzata fatta da fonti di informazione libere dalla censura e dal controllo ufficiale sembra un'utopia, è perché lo è.

La censura cinese di Internet è ben nota, così come negli USA lo è l'uso delle leggi sul copyright per censurare Internet a vantaggio degli interessi delle corporation. Paesi come il Pakistan bloccano YouTube per motivi religiosi.

L'Iran, da tempo nemico della libertà di Internet, ha provato a costruire la sua Internet nazionale, isolata dal resto del mondo. Nessuno dubita della grave censura imposta ai cittadini della Corea del Nord, né si sorprenderebbe se dovesse leggere che Etiopia e Malesia stanno promulgando nuove dure leggi per limitare la libertà sul web.

Pochi si sorprendono del fatto che la Turchia ha ancora una volta imprigionato dei giornalisti e dei blogger; ma i paesi europei, a lungo baluardi del pensiero libero e del discorso post-moderno secondo il quale tutti i punti di vista vengono accettati, ora si stanno rivelando più simili alla Cina di quanto uno potesse credere possibile.

Due principi guidano la censura europea e limitano l'informazione in Internet: il diritto all'oblio e il divieto di hate speech1. Con la richiesta legale di rimuovere informazioni che potrebbero essere scomode o imbarazzanti, combinata con il divieto di orazioni2 che potrebbero essere considerate offensive, la novella “Fahrenheit 451” di Ray Bradburry sta diventando ogni giorno più plausibile.

Il “diritto all'oblio” è un concetto legale specificatamente europeo che è emerso solo negli ultimi anni, nel momento in cui le persone hanno iniziato a capire che quello che pubblicano su Internet può essere ripubblicato e circolare per sempre, spesso oltre il controllo di chicchessia.

Quelle affermazioni politiche che hai fatto dieci anni fa alle superiore potrebbero spuntar fuori da una ricerca quando stai cercando lavoro. Quello in cui credevi quando avevi diciannove anni potrebbe finire per rappresentarti per il resto della tua vita, ed è in base a questo ragionevole argomento che è nato il “diritto all'oblio”.

Da allora è stato usato per richiedere che fossero dimenticati i rapporti pubblici dei crimini di politici e uomini d'affari corrotti, come nel caso dell'amministratore delegato di Merrill Lynch, Stanley O'Neal. Gli articoli della BBC sui crimini di O'Neal sono stati eliminati dai risultati di Google in base alla legge sul “diritto all'oblio” che richiede che le compagnie rimuovano i link agli articoli che escono fuori quando cerchi un nome.

Il divieto di hate speech, o qualunque orazione che si ritiene possa causare disarmonia nella comunità3, è tornato in primo piano di nuovo quando l'UE ha introdotto una promessa di codice di condotta alla quale compagnie come Alphabet (Google), Microsoft, Facebook e Twitter hanno aderito.

Le compagnie imporranno divieti sull'hate speech, anche se l'interpretazione del termine è pericolosamente vaga e aiuta i governi europei a limitare quei punti di vista online che non sono al servizio dell'interesse della comunità.

Questo rappresenta una chiara limitazione della libertà di parola, dal momento che questa non è veramente libera se vengono accettate solo le opinioni ufficiali e approvate dal governo.

La definizione di hate speech è intenzionalmente vaga con numerosi casi di censura già in atto riguardo i crimini presumibilmente commessi dagli immigranti appena arrivati in Svezia, Germania e Inghilterra.

Comunque il nuovo “codice di condotta” firmato dalle più grandi compagnie tecnologiche va oltre. Include una nuova misura che richiede la promessa da parte di compagnie come Facebook e Twitter di “educare” e “informare” i loro utenti e inoltre di “promuovere” contronarrative approvate dall'UE.

Che cosa significa? Significa che se c'è una narrativa che dice che gli immigrati siriani sono responsabili di un'ondata di crimini coincidente con il loro arrivo in certe aree, Facebook sarà costretto non solo a bloccare i post che contengono queste accuse, ma anche a promuovere attivamente post che avallano la narrativa che dice che non c'è nessuna ondata di crimini, perché questo è il messaggio politico desiderato. È la correttezza politica impazzita!

Il fatto che ciò suoni sconcertantemente simile al mandato cinese di assicurare l'armonia comunitaria sul web non deve essere stata una preoccupazione dei funzionari europei che hanno stilato il codice di condotta.

Mentre gli attacchi di machete contro i blogger in Bangladesh sono un promemoria visivo della censura nel Terzo Mondo, il codice di condotta europeo può risultare anche più potente nel foggiare la cultura, e alla fine più soffocante nel suo effetto sulla libertà d'espressione.


  1. Non mi viene in mente una traduzione per hate speech. [N.d.T.]

  2. Speech. Non mi sembra efficace tradurlo con discorso o parola. Freedom of speech si può tradurre come libertà d'espressione, ma “divieto di espressione” mi sembra ugualmente fiacco, e «divieto di espressione che potrebbe essere offensiva» mi suona male. Forse una parafrasi come divieto di esprimersi in un modo che potrebbe essere considerato offensivo? Opto per orazioni, che è pomposo, ma per ora mi sembra la scelta meno peggiore. [N.d.T.]

  3. […] or any speech that could be perceived to cause community disharmony for that matter […] [N.d.T.]

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