lunedì 17 febbraio 2014

Odifreddi reloaded

Nel suo redivivo blog Il non-senso della vita 2.0 Piergiorgio Odifreddi ci riprova. Il matematico-logico già si era impegnato nell'impresa di bastonare Grillo1. La scusa, all'epoca, fu quella della difesa della matematica, stuprata senza ritegno dal comico genovese all'epoca del suo discorso all'assemblea degli azionisti MPS2.

Ora Odifreddi si cimenta in un pasticcio di luoghi comuni e teorie, inscatolati in una retorica familiare, giornalistica e non certo da libero pensatore né accorto osservatore della realtà contemporanea3; il messaggio veicolato è il vero mantra che è stato iniettato di nuovo in dose massiccia nel circuito mediatico all'indomani dell'aspra opposizione del M5S alla conversione del decreto-legge “Bankitalia”: Grillo e il M5S sono il male. Il messaggio è conseguenza del desiderio di fermare il M5S, impedirgli di accumulare altri consensi, e non viceversa (ovvero, il messaggio è costruito nel tentativo di raggiungere l'obiettivo politico; mentre è falso che il fatto che si ritenga il M5S maligno alimenti in queste persone il desiderio di fermarlo ad ogni costo4).

Il pasticcio è così ricco di ingredienti, seppur comuni, che è difficile trovare un punto di inizio. Trovo pure sconfortante che un'intelligenza (evidentemente non politica) come quella di Odifreddi si perda in certe considerazioni di bassa lega. Oltretutto, perché è di un “fine intellettuale” che si parla, nemmeno è possibile liquidarlo così, su mezzo piede, frettolosamente: bisogna dedicargli particolare attenzione5.

I luoghi comuni

Nel pasticcio ci sono molti luoghi comuni. Ce n'è uno centrale, il fascismo, che compare pure nel titolo, e ci sono quelli periferici, marginali o di sottofondo.

  • Fascismo: «piazzate squadriste», «modi fascisti», «via dello squadrismo»
  • Antidemocratici e anticostituzionali.
  • I parlamentari M5S sono «incapaci di qualunque azione costruttiva»: non hanno fatto niente. Non hanno tradotto «gli slogan populisti in azioni politiche».
  • I parlamentari M5S non sanno fare niente: «minus habens della politica»; sono rozzi, ignoranti, trogloditi; marionette, «certelli vuoti» comandati da un «ego pieno» (quello di Grillo; e Casaleggio?)
  • Grillo non ha buone idee ma soprattutto non ha buoni propositi (teoria del complotto del potente guru Casaleggio?)
  • Opposizione da circo, non credibile politicamente, inutile6.
  • Populismo («slogan populisti», «populisti di bassa lega»).

Seguono alcune riflessioni su alcune di queste categorizzazioni.

Fascismo

Odifreddi (come altri) non deve dimostrare come si passa dalle azioni e dalle parole del M5S e di Grillo all'accusa di fascismo: gli basta affermarlo, perché è ormai dato come fatto certo, almeno nel largo circolo di cui fa parte. Del resto, è ovvio che sia così, no? C'è un altro interessante fatto: la convinzione che non sia necessario spiegarlo non solo perché lampante (una verità che si automanifesta come tale — forse ad Odifreddi piacerebbe di più parlare di assioma), ma anche perché da qualche altra parte è stato già dimostrato.

Quasi certamente Odifreddi non è a conoscenza di queste “dimostrazioni” e molto probabilmente pensa di non averne bisogno. In un commento allo stesso pasticcio-articolo scrive:

sto contro il fascismo, ogni volta che lo vedo: e purtroppo lo vedo parecchio, in giro, da noi e altrove…

Questo chiude il discorso: Odifreddi vede il fascismo e se Odifreddi vede il fascismo nel M5S e in Grillo, è perché sono fascisti. A questo punto dobbiamo chiederci cosa deve vedere Odifreddi, o suoi simili, affinché pensi di aver visto il fascismo. Parolacce? Pugni agitati? “Violenza verbale”? Violenza fisica? Tracotanza? Ampio utilizzo di fallacie? Slogan e affermazioni populiste? Sessismo? Urla prevaricatrici?7 … Tutte queste cose e molte altre sono ovunque (soprattuto in politica!): se Odifreddi guardasse bene, scoprirebbe questo fascismo in così tanti, in Italia e all'estero, che non si salverebbe nessuno, cioè tutti potrebbero essere additati come fascisti.

Di fatto non ci sono elementi per poter sostenere la tesi: la similitudine, pretestuosa e pretenziosa, è di natura speculativa e anche qualora fosse azzeccata, l'unica cosa certa è che si può ricondurre alla fallacia reductio ad Hitlerum8.

Qualunque tentativo di “dimostrare“ che il M5S o Grillo o qualunque altro soggetto siano fascisti è destinato al naufragio9. L'abuso del termine non è nemmeno una novità e in questi tempi ormai non si può che considerare altro che un insulto simile a stronzo egoista, testa di cazzo so-tutto-io, arrogante millantatore, lurido terrorista, e cose del genere.

Ma il finale è chiaro: Odifreddi intende proprio il fascismo di cui parla la Costituzione, promulgata il 27 dicembre 1947 (la Seconda Guerra Mondiale finisce nel 1945).

Quando Berlusconi parlava di comunismo e si scagliava contro il potere dei comunisti, veniva preso in giro senza mezzi termini, in particolare dalla “sinistra”, ovviamente. Io stesso mi sono fatto grasse risate ogni volta che pronunciava quelle parole. Da questa sua propensione a vedere comunisti e parlare di comunismo è nato un intero filone barzellettistico.

Ecco: l'atteggiamente nei confronti di chi, come Odifreddi, parla in questi termini di fascismo e fascisti che attentano alla Costituzione10 non può essere troppo diverso da quello nei confronti di un Berlusconi che parla di comunismo e comunisti.

Antidemocratici e anticostituzionali

Nel momento in cui si è deciso che qualcuno è un fascista, automaticamente è anticostituzionale persino la sua stessa esistenza, per via della disposizione transitoria. Questa nasce con la Costituzione per vicinanza storica a un periodo buio, quando era ancora sentita calda la minaccia del fascismo, quello storico; quando chi lo aveva reso qualcosa di molto concreto era ancora in vita e molto probabilmente all'opera. Oggi è un monito sempre valido concettualmente, ma vago e nella pratica inapplicabile: è considerato incostituzionale da molti (perché in contrasto con alcuni principi base della Costituzione), e così controversa che non si riesce ad applicare nemmeno a movimenti che si ispirano esplicitamente al fascismo11.

Dunque, per quanto riguarda l'affermazione di Odifreddi sull'anticostituzionalità, rimando alla discussione sull'accusa di fascismo.

Che dire dell'essere antidemocratici? Qui si apre un portone su cosa sia la democrazia, in particolare la democrazia rappresentativa, cosa deve “consentire” ai cittadini e ai loro rappresentanti, cosa sia disobbedienza civile e cosa no… Quindi, quali comportamenti sono antidemocratici? Ma la questione è assai spinosa, perché un regime “aristocratico” che si autodefinisce democratico chiamerebbe antidemocratici (eversivi, incivili, … e magari pure fascisti) coloro che tentino di far valere principi di democrazia. Perciò prima di tutto ci dobbiamo interrogare sul grado di “democrazia” e sui comportamenti del Governo in carica12 e di tutti i rappresentanti, nella loro funzione di rappresentare gli interessi della Nazione, cioè gli interessi collettivi dei suoi cittadini e non di specifici gruppi.

Parlamentari M5S incapaci, non hanno fatto niente, ignoranti, marionette telecomandate; Grillo non ha buoni propositi

Queste accuse ripetono pedissequamente parte del verbo diffuso nei media così detti mainstream dagli “avversari” politici e ideologici del M5S, a cui viene dato larga rappresentanza13.

Sono accuse lanciate a vanvera o peggio, ignorando i fatti, mistificando l'“operato” altrui, iniettando dosi massicce di aspettative per poi deridere i fallimenti e, cosa ancor più grave per un logico, facendo affermazioni banalmente vere: di sicuro i parlamentari del M5S non sono infallibili, però è vero per chiunque. Odifreddi dalla sua cattedra può anche dire che non sono delle cime e che ignorano tante cose, come è vero del resto per la popolazione di tutto il mondo — chi siede in parlamento non fa eccezione14.

Sono marionette telecomandate? Questo verbo ha due origini distinte che si compenetrano. Una è la teoria dei collaborazionisti: i parlamentari si sottomettono o si prestano al gioco, vuoi per tornaconto, vuoi perché manipolati, vuoi perché terrorizzati, vuoi perché esaltati. Solo chi ha il coraggio di ribellarsi (cioè fare qualcosa di diverso da quello che ci si aspetta dal M5S) dimostra di essere libero dal giogo; dunque, finché si comportano coerentemente con la «linea politica dettata da Grillo-Casaleggio», sono marionette telecomandate e non persone che scelgono, liberamente, di farlo, reputandolo giusto15.

L'altra origine è la teoria del complotto che dipinge Grillo come un dittatore malevolo, mascherato da pessimo comico, con il potere di veto (la proprietà del simbolo16) e l'intenzione di usarlo per i suoi scopi malvagi, coadiuvato (o, secondo altre versioni, anche lui pilotato) da Casaleggio, oscuro santone ammanicato con lobby di varia specie e che tra l'altro è, probabilmente, un massone: con i loro poteri mass-mediatici, le loro tecniche persuasive17, hanno fatto il lavaggio del cervello a milioni di persone e in particolare ai parlamentari, che obbediscono come bravi soldatini.

Il successo del M5S è dovuto quindi alle scarse capacità mentali degli elettori (e dunque degli eletti M5S), che li rendono facilmente manipolabili, perché solo così si spiega il loro voto o la loro partecipazione: o sono stupidi e non hanno capito quale pericolo sia il M5S, o sono stati manipolati perché debole popolino sensibile ad argomenti populisti.

Odifreddi, evidentemente, segue queste linee guida di pensiero. Allora di chi è marionetta? Chi lo telecomanda?

Populismo

Questo è di fatto uno dei più diffusi luoghi comuni riguardo il M5S. Dubito che la maggior parte delle persone, sentendo questa “accusa”, abbia ben chiaro in mente a cosa si faccia riferimento; e talvolta è dubbio pure che lo sappia chi la usa. Però è una parola che, nella sua connotazione negativa, ha acquistato una forte carica suggestiva, per cui viene abusata dai detrattori senza ritegno; e senza ritegno annuisce chi ha già preconfezionato il “suo proprio” giudizio politico sul M5S.

Similmente a quanto avviene con la parola fascismo, la parola populismo viene usata spesso come offesa generica, senza far riferimento a una precisa definizione — ovvero senza che ne sia consapevolmente riconosciuta una da chi la recepisce18.

Sicché anche questo è solo un espediente retorico, propagandistico. Sembra che la percezione popolare e caratterizzante del termine abbia a che fare principalmente con la “pancia”, cioè usare argomenti che muovono facilmente le masse allo scopo di averne il consenso.

Così come viene usata, con la sua connotazione negativa, l'accusa può essere ribaltata e rimandata al mittente: gridare fascista e populista quale scopo ha se non quello di invitare dei potenziali futuri elettori dell'avversario a prendere le distanze, facendo leva su sentimenti “di pancia“ stimolati da questi -ismi? Il successo di questa strategia quale conseguenza avrebbe se non quella di incrementare il consenso dell'offendente, iniettando paure poco razionali e nebulose e suscitando emozioni negative nei confronti del Cattivo?

In sostanza questa interpretazione semplicistica di populismo porta a una componente fondamentale di ogni democrazia: il consenso popolare, da cui discende la legittimazione dei rappresentanti nelle democrazie rappresentative. Gli artefici delle campagne elettorali hanno scoperto da tempo che questo è il modo con cui si guadagnano consensi e nessun partito che abbia una consistente base elettorale è immune dall'accusa di aver usato argomenti populisti. In altri termini, ogni entità politica ha fatto uso di qualche strumento che fosse una leva irrazionale per le masse.

Ma cosa si intende oggi per populismo? Nell'arena politica contemporanea non ha certo più il significato storico, ricavato dal russo per il movimento politico e culturale sviluppatosi in Russia dopo il 1870 circa19.

Il termine ha assunto solo di recente l'accezione particolare negativa che si usa oggigiorno e questa ormai domina il campo semantico, ma resta una definizione vaga, piena di sfumature, adatta insomma ad essere plasmata secondo le esigenze dell'utilizzatore di turno.

Wikipedia in proposito dice (traduzione approssimativa dalla pagina inglese):

Definizioni accademiche e scolastiche di populismo differiscono ampiamente e il termine è spesso usato in modi indefiniti, inconsistenti e vaghi per denotare appelli “al popolo”, demagogia e politica arraffa-tutto20, o come un ricettacolo per nuovi tipi di partiti la cui classificazione non è chiara. Un fattore che diminuisce il valore di “populismo” in alcune società è che […] diversamente da etichette come “conservatori“ o “socialisti”, il cui significato è stato dettato dai loro aderenti, i populisti contemporanei raramente chiamano se stessi “populisti” e di solito rifiutano il termine quando gli è rivolto da altri.

A causa dell'attenzione per il populismo21 nel mondo accademico, gli studiosi hanno fatto progressi nel definire il termine in modi che possono essere usati con profitto nella ricerca e aiutare a distinguere tra movimenti che sono populisti e quelli che semplicemente prendono in prestito idee populiste. Una delle ultime definizioni di populismo è stata data da Daniele Albertazzi e Duncan McDonnell che, nel loro volume Twenty-First Century Populism, definiscono il populismo come un'ideologia che «mette in competizione un popolo virtuoso ed omogeneo contro un insieme di elites e “altri soggetti” pericolosi che sono tutti insieme descritti come usurpanti (o che tentano di usurpare) il popolo sovrano dei loro diritti, valori, prosperità, identità e della loro voce».

La prima cosa che dovrebbe balzare all'occhio è la mancanza di una connotazione strettamente negativa in questa che è solo «una delle ultime definizioni» di populismo22. Qualora sia vero che delle élite, per proprio tornaconto o tornaconto di terzi (per esempio delle lobby), usurpano il popolo di diritti, valori, identità, voce ecc. e qualora ci sia un movimento o un partito che si adoperi per contrastare tutto ciò, questo sarebbe ancora, secondo questa definizione, populista. Così come sarebbe populista un movimento che si opponga a forme di governo non democratico (dittatura, oligarchia ecc.) e che “chieda” l'instaurazione di una democrazia! (Sarebbe populista e quasi certamente rivoluzionario per necessità).

In ogni caso, il M5S prende in prestito idee populiste o è un movimento populista? Le élite al potere in Italia e le lobby quanto minacciano la democrazia? La crisi della democrazia in Italia non è anche una crisi della rappresentanza23? La costruzione dell'entità politico-economica detta Unione Europea ha o non ha usurpato la sovranità popolare delle nazioni, rendendo le proprie costituzioni subordinate a meccanismi su cui nessuna popolazione di nessuna singola nazione aderente ha realmente voce in capitolo? Le privatizzazioni (tra le altre cose) non rischiano mai di finire con privazioni di diritti attraverso l'asservamento alle “logiche del mercato”?

Per quanto riguarda Odifreddi bisogna aggiungere che egli dice di ispirarsi a Chomsky, fra gli altri. Chi legge il Chomsky impegnato politicamente, si sarà imbattuto prima o poi nella contrapposizione tra élites e popolo, parafrasata in diversi modi. Per esempio24

Quasi ogni elemento del pacchetto neoliberista è un attacco alla democrazia. Nel caso delle privatizzazioni, è vero per definizione: la privatizzazione trasferisce attività dal pubblico al privato. Nel pubblico esse sono sotto qualche forma di controllo […] Ma il privato, in linea di principio, non deve virtualmente rendere conto a nessuno, tranne che ai meccanismi di regolazione che sono di solito deboli, grazie alla enorme influenza della concentrazione del capitale privato sullo stato. Di questi elementi del neoliberismo, la privatizzazione dei servizi rappresenta la forma più seria di attacco alla democrazia. Con i servizi privatizzati, le istituzioni democratiche possono ancora esistere, ma in gran parte come procedure formali, perché le decisioni più importanti per la vita della gente saranno escluse dalla scena pubblica.

Odifreddi, tenendo a mente l'insegnamento dei suoi ispiratori e le questioni politiche tanto nazionali quanto internazionali, non dovrebbe poter provare altro che simpatia per il M5S e dovrebbe cimentarsi semmai in critiche costruttive che aiutino a svolgere meglio il suo (del M5S) discorso politico, o che lo spingano verso l'emancipazione dal vertice (se si pensa che questo sia parte importante del suo problema), invece di diventare, suo malgrado25, megafono di una generica, semplicistica, demonizzatrice campagna propagandistica tramite l'emissione di giudizi definitivi e di bassa lega.

Questo, salvo conguagli ed espansioni future26, conclude il discorso sul populismo per quanto possibile qui ed ora.

State lontani da loro!

Oppure: lasciateli stare, ormai non vale la pena seguirli perché non contano nulla.

Mi vengono in mente due tecniche che la propaganda usa per cerca di colpire degli avversari allo scopo di creare il vuoto intorno.

Una è quello di associare l'avversario a personaggi controversi o idee controverse, per similitudine o generica associazione: è il caso della reductio ad Hitlerum27. Questa tecnica funziona perché l'individuo tende a uniformarsi alle aspettative del gruppo, che si aspetta che le persone prendano le distanze da Hitler. Per cui, se X è come Hitler, allora bisogna prendere le distanze anche da X. Questa “forza psicosociale” di omogenizzazione, inoltre, spinge le persone a “pensare” solo ciò che sanno essere accettabile per il gruppo, mentre le idee che potrebbero portare attriti (cioè che non compiacciono il gruppo) vengono taciute — e piano piano, probabilmente, scompaiono proprio: la mente dell'individuo si adatta in modo da produrre solo le idee “buone”. In questo modo la cultura di massa si omogenizza, gli argomenti “che dividono” tendono a scomparire dai discorsi pubblici; ciò comunque non vuol dire che non possano esistere deviazioni, come di fatto esistono.

Il punto è che se si ha successo nel convincere le persone dell'uguaglianza di Grillo con Hitler o Mussolini, e del M5S con modi e intenti del fascismo, allora la maggior parte delle persone prenderanno le distanze — o avranno una retroazione positiva sulla scelta di non votarli: l'antigrillismo esulta autoconfermando l'esattezza della posizione ideologica e politica avversa.

L'altra tecnica è quella di affermare che le persone hanno capito, che già hanno preso le distanze, hanno scoperto il trucco e così via. Anche questa tecnica ha lo scopo di spingere il lettore con simpatie “grilline” a sentirsi una voce fuori dal coro, inadeguato rispetto ai comportamenti “di maggioranza” del gruppo, diverso. Inoltre, se tante persone hanno cambiato idea, si sono ricredute o la pensano come Odifreddi, qualcosa di vero ci deve essere, no? Bisogna parlare della Realtà Desiderata o Immaginata come se si trattasse della Realtà Vera28.

Così Odifreddi scrive:

Coloro che prima delle elezioni potevano illudersi che dietro alle pessime intemperanze verbali di Grillo si nascondessero buone idee e ottimi propositi, hanno ormai dovuto ricredersi29

Considero figlie della stessa tecnica anche parti delle seguenti affermazioni:

Dopo quasi un anno di impotenza, […] il comico e la sua claque erano diventati invisibili

(La proposizione precedente aggiunge un'altra accusa: l'“opposizione da circo” è messa in piedi per guadagnare visibilità mediatica.)

il M5S ha infatti mostrato la propria incapacità di tradurre gli slogan populisti in azioni politiche, ed è stato stritolato e marginalizzato30

Quindi il messaggio è: state lontano dai nuovi mostri, se non volete essere additati come mostri anche voi; e non temete, non siete i soli che abbandonano la nave: altri, intelligenti come voi, hanno capito che erano solo «slogan populisti» ma che in realtà in parlamento non hanno fatto nulla.

Conclusione

Con questo articolo e suo malgrado, Odifreddi ha messo un'altra tacca di simpatia sulle bacchette dei saggi proprietari del gruppo l'Espresso che possiede Repubblica, conquistandosi un altro po' di autonomia e il diritto di essere ospitato con gioia.

La negazione dell'importanza politica della presenza del “polo M5S”; la sua riduzione a puro fenomeno populista (nella sua accezione nebulosa), cavalcato da un duo malintenzionato; la sua condanna come forza fascista e per questo anticostituzionale, eversiva e antidemocratica; il mancato riconoscimento dell'operato politico dei deputati del movimento e l'incapacità di riconoscerne l'autonomia e nello stesso tempo la coerenza del discorso politico che portano avanti; il rifiuto a considerare tale discorso politico legittimo (ed eventualmente, valido almeno in ipotesi); tutte queste cose e certamente altre classificano Odifreddi e la sua claque come elitisti e osservatori politici di bassa lega.


  1. Sicuramente non sono le uniche due occasioni ma se non consideriamo gli articoli dove dice la sua su Grillo e/o il M5S all'interno di un discorso più ampio, non credo che la lista che rimane abbia troppi titoli dedicati solo a Grillo e al M5S.

  2. Per puro caso ora come allora ci sono di mezzo le banche.

  3. «Odifreddi si ispira liberamente all'insegnamento e alle posizoni di Bertrand Russell e Noam Chomsky» (si legge su Wikipedia, che probabilmente l'ha ripreso dal suo sito). Sulle posizioni su certi temi (come quello della Palestina), non dubito; che abbia imparato realmente qualcosa da loro, al di fuori di questioni tecniche o accademiche, dubito, perché dubito che o Russell o Chomsky si esprimerebbero così sul M5S e quanto è accaduto e sta accadendo in Italia tanto nella politica quanto nell'informazione. Riguardo al fatto di non essere un libero pensatore, in senso stretto Odifreddi può pure esserlo, anzi certamente lo è. Ma inserito nel contesto del mezzo che usa, considerando inoltre la storia della chiusura del blog, poi riaperto, … dovrebbe fare un'autoanalisi critica del suo ruolo e della concordanza tra le idee e le posizioni che esprime e quelle che Repubblica è disposta ad accettare. Fino a che punto può spingersi? Su certi temi rischia. Su Grillo e M5S, invece, può spingersi fin dove gli pare, come fa in questo pasticcio che stento a chiamare articolo. È uno strumento nelle mani del suo ospite. Quindi, in senso lato, non è libero. Comunque, non è libero nemmeno il suo pensiero, secondo una massima di Russell che riportai già in un altro articolo: «È chiaro anche che il pensiero non è libero se in una discussione tutti gli argomenti a favore di una parte sono continuamente presentati nella maniera più allettante possibile, mentre gli argomenti a favore dell'altra parte possono venire scoperti soltanto grazie a una diligente ricerca». Ora, Odifreddi ripropone i luoghi comuni negativi dell'informazione mainstream sul M5S, cioè gli argomenti a favore dell'antigrillismo; e per scoprire gli argomenti favorevoli al grillismo bisogna lanciarsi in una diligente ricerca.

  4. Ad ogni costo, anche non democratico o al limite. Anche smuovendo la ormai nota “macchina del fango”, distorcendo fatti, tacendo verità, riforgiando la realtà per adattarla all'immagine che deve essere data affinché le “masse” si decidano a prendere le distanze dal M5S.

  5. Così come particolare attenzione andrebbe dedicata ai Wu Ming, e persinno al tale dietro Quit the Doner (filosofo della politica), che inspiegabilmente ha avuto il suo momento di gloria scrivendo un cumulo di stronzate penose, anche lui per “dimostrare” la pericolosità del M5S — inspiegabile per modo di dire: ha colmano probabilmente un vuoto, un momento di assenza di sbarramento mediatico e tutte le persone incapaci di esprimere e motivare autonomamente un legittimo sentimento di disagio nei confronti del M5S e di Grillo gli sono andante dietro, regalandogli un bel posticino sul podio totemico. È da tempo (da quando il suo “articolo” è diventato una specie di manifesto dell'antigrillismo, almeno in quel periodo) che vorrei ribattere ad alcune cosette di Quit the Doner, ma sono sempre stato in bilico tra il ritenerlo necessario e il ritenerlo superfluo (e poi serve tempo da sottrarre ad altre cose). Qualcosa di simile vale per i Wu Ming, che però almeno sembrano di tutt'altra pasta ed erudizione e non mi fa inorridire troppo il fatto che vengano seguiti nelle loro teorie del complotto grillino.

  6. Questo si trova in un commento di Odifreddi in risposta a tale luottardi: «il vero problema è che grillo è soltanto l’altra faccia della medaglia del sistema: un’opposizione da circo, come la sua, non è credibile politicamente, e non serve a nulla, se non a far montare la voglia di manganelli». Inoltre prosegue: «spero che lei e altri non vi illudiate che a fermare le banche e i gruppi di potere, più o meno occulti, siano sufficienti le storpiature dei nomi e le altre battute di bassa lega di grillo». Ancora con il mantra che tutto il discorso politico del M5S si riconduca alle storpiature dei nomi che fa Grillo e altri, o le sue/loro battute di «bassa lega». E l'attività parlamentare? Silenzio.

  7. Il fascismo ha fatto anche cose buone: bonifica dell'Agro Pontino, lotta all'analfabetismo, riduzione a 40 ore settimanali, … Affermazioni storicamente vere come queste sono in grado di scatenare un'isteria collettiva di rabbia antifascista che si manifesta sovente con atteggiamenti molto fascisti, volendo usare il loro stesso metro. Comunque, sono affermazioni sufficienti a screditare una persona e farla puntare dall'Inquisizione Antifascista. E chissà che non siano tra le cose che se Odifreddi vede/sente, pensa di essere di fronte al fascismo.

  8. Si tratta di una fallacia logica: il tentativo di screditare un interlocutore accostandolo a Hitler (o Mussolini, o qualunque altra figura o movimento negativo) tramite similitudini superificiali. Ragionamenti di questo tipo: i fascisti usavano la violenza; i parlamentari M5S hanno usato la violenza; allora il M5S è fascista. Attenzione: non sto dicendo che sia vero che “i parlamentari M5S hanno usato la violenza” (bisogna anche vedere che si intende per «violenza»); ma se fosse vero, la logica che li porta per questo (o qualunque altro fatto o fattoide) ad essere chiamati fascisti è una fallacia. Odifreddi, come logico, non può ignorarlo.

  9. Con qualche eccezione, tanto eccezionale che è difficile persino trovarla in chi programmaticamente si dichiara fascista o si ispira al fascismo, come per esempio Casa Pound. Una parte del problema è voler utilizzare un'etichetta che descrive un particolare fenomeno storico, agganciato a un particolare periodo storico, per descrivere situazioni affatto diverse; è un errore, persino quando esse stesse si appropriano dell'etichetta e si ispirano all'ideologia o alle idee sottostanti quell'etichetta. Da tenere a mente: «non lasciamoci ingannare da parole che, restando immutate mentre cambia la realtà cui si riferiscono, possono facilmente indurre in errore».

  10. Inconsapevolmente, o forse no: «non si accorgono, o fingono di non accorgersi», scrive Odifreddi. Corrado Augias invece parla proprio di Fascismo Inconsapevole.

  11. Ciò rende ancor più singolare che si trovi tanto facile tirarla fuori per un movimento che nega ogni identità fascista e si professa antifascista. Ma sappiamo che è falso, perché Odifreddi vede il fascismo.

  12. Nel momento in cui scrivo, pare che Letta si stia per dimettere, dopo aver affermato che il suo non era un governo di scopo, non era un governo a orologeria e via dicendo (ha anche affermato che l'Italia è in ripresa). Quali macchinazioni ai suoi danni siano state ordite e perché o, piuttosto, all'opposto, quale oscure trame e strategie sono state intessute per ricavarne un vantaggio (per coloro di cui cura gli interessi), non è possibile dirlo. Staremo a vedere.

  13. Essendo i media tradizionali sistemi chiusi già colonizzati, impermeabili e rigidi, l'unico terreno che può offrire possibilità di comunicazione e di rappresentazione indipendenti, non incasellate e ricondotte a logiche di qualcun altro, è la rete, dove le roccaforti mediatiche vivono accanto a bazar, mercatini, accampamenti, castelli, urlatori di strada e via dicendo.

  14. Il più grande errore dell'elitismo è ritenere i governanti migliori e immuni ai comuni e diffusi difetti del genere umano.

  15. Quando ciò accade in altre entità politiche, si è mai parlato di parlamentari telecomandati? Da cui deriva che il peggio che si possa dire è che sono in fondo un partito dalla struttura uguale a quella degli altri partiti. Questa è una “offesa” solo dentro il sistema di valori del M5S stesso, per cui è un problema interno. Chi, da fuori, usa questo argomento, ha l'intento di far diminuire il consenso nei riguardi del M5S rivelando una “verità“ scomoda che svela una bugia della retorica del M5S ma, nello stesso tempo, così facendo, finisce per dare sostanza a questa stessa retorica contro il sistema dei partiti — altrimenti, come dicevo, il peggio che si potrebbe dire è che è come altri partiti (anche nel “mentire”), per cui lo si può votare tranquillamente per le altre valevoli battaglie che porta avanti. Si salvano capra e cavoli affermando che, invece, i parlamentari non-M5S sono liberi e che le gerarchie partitiche sono democratiche, cosa che non vale invece per il M5S: affermazioni che non hanno nessuna necessità di essere provate vere perché lo sono manifestatamente.

  16. Naturalmente si possono elaborare numerose teorie dietro tale proprietà del simbolo. A chi lo ritiene prova definitiva delle cattive intenzioni di Grillo, faccio notare che la Free Software Foundation richiede il trasferimento, da parte di chi contribuisce, della “proprietà” del software. In linea di principio, la Free Software Foundation potrebbe legalmente reclamare la proprietà di tutto il codice GNU e sottrarlo alle grinfie della comunità, diventando di punto in bianco difensore del software proprietario, in modo del tutto legale, anche se in contrasto con i suoi principi fondanti. A nessuno viene in mente che questo scenario si possa verificare e tutti sono invece persuasi facilmente del fatto che la richiesta sia fatta per consentire alla FSF di tutelare legalmente il codice e i principi che essa difende.

  17. Ricordate gli influencer? Se ne parlò come se fosse un'invenzione malvagia del perfido Casaleggio, parte del suo piano di controllo mentale del pianeta.

  18. Chi usa l'“accusa” di populismo, invece, può avere in mente una ben precisa definizione, oppure sta ripetendo la critica per emulazione, come mantra, perché sentita da altri o letta da qualche parte ritenuta autorevole. La definizione è considerata unica e condivisa tra mittente e destinatario: il significato inteso è dato per scontato e pertanto non c'è mai alcuna necessità di ribadirlo. L'unica cosa importante è che vengano tenuti i tratti negativi e guai a chi tenta di fare ciò che ha fatto per esempio Dario Fo, cioè recuperare un significato più etimologico e una delle accezioni positive possibili!

  19. «Il populismo si proponeva l'emancipazione dei ceti più diseredati attraverso una vasta opera di educazione popolare e l'abbattimento dell'autocrazia zarista tramite la sollevazione delle masse contadine […] Il programma più immediato del partito populista comprendeva la lotta contro l'eccessivo potere dei grandi proprietari terrieri […] ma i suoi obiettivi generali erano sostanzialmente socialisti: nazionalizzazione dei mezzi di produzione e di comunicazione, […] elezione popolare diretta del presidente, vicepresidente e senatori». «Populista per estens.: di tendenza o ispirazione popolare e umanitaria, con venature di socialismo in senso generico. […] (Si riferisce agli ideali del socialismo riformista della fine dell'Ottocento e degli inizi del Novecento.)» Questo si legge su un'enciclopedia del 1975: non è riportato alcun altro significato. Sul Devoto-Oli 1978, «populismo: movimento politico-culturale russo […] aspirante a una sorta di socialismo rurale» e «populista: appartenente ad un movimento politico-culturale moderno di tendenza o d'ispirazione popolare, e part. al populismo russo». E così via. Il linguaggio politico moderno si è appropriato del termine piegandolo alle proprie esigenze; poiché la politica delle democrazie moderne è elitista e il populismo è un'antitesi dell'elitismo, la nuova veste del populismo non poteva che essere lercia, e populista non poteva che avere accezioni negative.

  20. «Catch-all», cioè un tipo di politica che tenta di attrarre persone anche con punti di vista diversi, senza richiedere di abbracciare una rigida ideologia autoescludente e pragmaticamente chiedendo invece consenso su punti-idee specifici.

  21. Molti italiani pensano di vivere in una nazione anomala. Per certi versi hanno ragione, ma per molti altri no: la loro percezione è dovuta più che altro ad una limitatezza del campo visivo, di cui sono a volte colpevoli loro (specie quando si perdono in un diffuso e generico senso di inferiorità culturale e intellettuale), a volte i mass-media che offrono rappresentazioni di comodo del resto del mondo. Per quanto riguarda il populismo così inteso, i partiti/movimenti che vengono etichettati (ed eventualmente liquidati) come tali non sono una anomalia italiana. Né lo è quella che viene chiamata “crisi della democrazia”.

  22. Va ribadito, perché altre definizioni esistono e coesistono con questa. È uno dei motivi per cui, al di fuori del mondo accademico, l'uso e l'abuso del termine populista non può che destare sospetti e mettere in allerta su chi lo utilizza, specie se come ovvietà autoevidente.

  23. Se i “rappresentanti” non rappresentano più né elettori né interessi nazionali collettivi, ma interessi privati o di altre entità esterne allo stato, si possono a ragione definire élite (o strumenti di élite)? A me sembra che la risposta sia banale e sia affermativa.

  24. N. Chomsky, “Hopes and prospects”, trad. it. “America, no we can't”, ed. Alegre; dal capitolo 3 (p. 132). Ho scelto questo libro perché a portata di mano, letteralmente, e perché è l'ultimo di Chomsky che ho letto. Probabilmente non è il passo più significativo, ma è comunque pertinente.

  25. Vista la scarsità di intelligenza manifestata nella forma, se non nel contenuto, di questo pasticcio, a tratti dubito che questo suo malgrado sia meritato.

  26. Come nel caso del fascismo, così anche per il populismo da tempo ho intenzione di scrivere qualcosa di più organico e strutturato, forse partendo dalla critica ad alcuni messaggi disseminati sui media da politologi, pseudointellettuali, opinionisti, o persone “comuni”, e magari in un'ottica internazionale. Ma è uno sforzo che richiede tempo e dedizione e probabilmente è anche oltre le mie capacità.

  27. Si tratta di una fallacia logica: il tentativo di screditare un interlocutore accostandolo a Hitler (o Mussolini, o qualunque altra figura o movimento negativo) tramite similitudini superificiali. Ragionamenti di questo tipo: i fascisti usavano la violenza; i parlamentari M5S hanno usato la violenza; allora il M5S è fascista. Attenzione: non sto dicendo che sia vero che “i parlamentari M5S hanno usato la violenza” (bisogna anche vedere che si intende per «violenza»); ma se fosse vero, la logica che li porta per questo (o qualunque altro fatto o fattoide) ad essere chiamati fascisti è una fallacia. Odifreddi, come logico, non può ignorarlo.

  28. Questo è il motivo per cui le pubblicità ci tengono tanto a farci sapere che un certo disco ha già venduto un tot milioni di copie, che un certo telefilm è record di ascolti negli USA ecc.; è il motivo per cui si comprano i Like (Mi piace): perché tanti Like suggeriscono un alto gradimento del pubblico e l'ascoltatore casuale aumenta la propria propensione a ritenere bello ciò che ascolta o guarda in base a quello che pensa essere il giudizio “di maggioranza” altrui. Non è assolutamente necessario che ci sia un minimo di verità in tali affermazioni: l'importante è che siano verosimili e che il destinatario del messaggio pensi che siano vere; il che, tra l'altro, implica fiducia nei confronti del mittente del messaggio, o addirittura, meno specificatamente, nel mezzo (“l'hanno detto in tv”). (La probabilità che un individuo adotti un comportamento o creda in qualcosa aumenta in proporzione al numero di individui che l'hanno già fatto).

  29. Questo espediente retorico, degno di un consumato opinion leader, squalifica definitivamente l'Odifreddi politico.

  30. Odifreddi, sordo al caldo richiamo di un prudente scetticismo, non prende in considerazione l'ipotesi che il M5S sia stato stritolato e marginalizzato (se lo è stato veramente nei termini che evocano queste parole) perché non si poteva correre il rischio che gli slogan populisti fossero tradotti in azione politica. Odifreddi ed altri si compiacciono di ciò magari, perché conferma la loro idea del movimento (che non abbia fatto nulla, che siano incapaci e via dicendo), perché si toglie di mezzo un attore politico non gradito, e soprattutto perché trionfa la loro visione elitista della democrazia. Però… Molti «slogan populisti» —secondo l'accezione popolarmente usata— hanno l'interessante proprietà di avere una probabilità bassa di trovare qualcuno che non sia d'accordo almeno in linea di principio. Come dire che, se si facesse un referendum, la maggioranza delle persone voterebbe a favore del “contenuto” dello slogan. Se in uno stato si realizza una condizione in cui la maggioranza delle persone non è soddisfatta di come stanno le cose in relazione ad uno specifico tema (proprio quello fatto oggetto dallo slogan), non sarebbero bollabili come antidemocratiche quelle forze che tentassero di preservare questa condizione? Secondo la visione elitista della democrazia no, perché le élite la sanno più lunga della maggioranza della popolazione ed è giusto che siano loro a prendere certe decisioni, non disturbate dal mormorio e dalle pretese del popolino. Ma allora, cosa è la democrazia e che ruolo ha realmente il demos nelle moderne democrazie rappresentative? Dare risposte banali a queste importanti domande, riproponendo per l'appunto la visione elitista della democrazia rappresentativa, vuol dire, probabilmente, essere privi degli strumenti necessari a capire la corrente crisi della democrazia rappresentativa e fallire nel riconoscere la sua genesi. Anche su questo tema contavo di scrivere qualcosa di più organico e strutturato, a partire dalle teorie delle scelte sociali, ma purtroppo il governo del tempo è una tirannia.

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